lunedì 25 febbraio 2019


Arnold SCHÖNBERG 
 GURRELIEDER 


Arnold Schönberg - GURRELIEDER ai PROMS 2017 della Royal Albert Hall 

Sembrerà strano agli amici che seguono il mio Blog, che per anni abbia scordato uno fra i più grandi autori della storia della musica e, ancor più, che ora lo presenti con un brano tra i suoi meno noti. Ma sappiamo che la mente è insondabile e, perciò, stupefacente e sbalorditiva a noi stessi: un fatto, una cosa, un'eco della psiche emerge improvvisamente per reclamare la sua attuazione. Cosa è emerso dalla profondità della mia psiche? Non una delle opere più note di Schönberg quali Verklärte nacht  (Notte trasfigurata) sestetto per archi, Erwartung (Attesa), l'opera lirica Moses und Aron o l'oratorio Un sopravvissuto di Varsavia, ma i poco eseguiti Gurrelieder per soli, coro e orchestra. 

Arnold Schönberg nasce a Vienna il 13 settembre 1874 e muore, naturalizzato statunitense, a Los Angeles il 13 luglio 1951. È il musicista conosciuto soprattutto come uno dei più importanti esponenti dell' espressionismo musicale (insieme ad Alban Berg [Wozzeck] e Anton Webern [Passacaglia]) e come fondatore della dodecafonia (risalente intorno al 1920), tecnica compositiva formata da una serie (perciò chiamata anche musica seriale) di dodici note una diversa dall'altra (della scala cromatica) e con l'uso delle regole polifoniche (inversione, retrogradazione, inversione della retrogradazione). Fu un artista di poliedrica cultura: scrittore, filosofo, uomo di teatro, pittore (appartenente al gruppo "Der Blaue Reiter" = Il cavaliere azzurro) di oltre trecento opere (molti autoritratti) che furono apprezzate da Kandinskij e Kokoschka. Didatta straordinario, scrisse parecchi saggi (Stile e pensiero) e manuali teorici quali gli Elementi di composizione musicale e il celebre Harmonielehre (Manuale di armonia) nel quale scrive che "non esistono suoni estranei all'armonia, ma solo suoni estranei al sistema armonico".    
   



       Arnold Schönberg  (da Wikipedia)                                             
Autoritratto (archivio Teatro La Fenice)


                                                   





Gurrelieder è una cantata, su testo del poeta danese Jen Peter Jacobsen, che Schönberg mise in musica per soli, coro e orchestra. Iniziata nel 1900, ma rappresentata a Vienna - per varie vicissitudini - soltanto nel 1913 (la dodecafonia nascerà dieci anni più tardi). Dopo l'esperienza wagneriana, è certamente l'opera più monumentale e massiccia che sia stata scritta. L'organico è imponente: 84 archi, 25 legni (flauti, oboi, clarinetti, fagotti), 22 ottoni (corni, trombe, tromboni, tube), 16 percussioni, 4 arpe, celesta, tre cori maschili, doppio coro misto (per un totale di 300 coristi)soprano, mezzosoprano, 2 tenori, basso e voce narrante. 
Gli influssi compositivi tardoromantici sono evidenti: non solo Wagner con le sue armonie cromatiche, ma pure Brahms (particolarmente nella forma variazione) e Mahler che, a sua volta, può essere stato indotto a scrivere la Sinfonia dei Mille. Ma il fervore vocale e orchestrale dei Gurrelieder hanno rari precedenti nella storia della musica: pur vivendo nel clima culturale suddetto, contiene una libertà armonica inusuale per l'epoca.
Questo grandioso dramma è suddiviso in tre parti, a loro volta ripartite in vari brani che si susseguono senza soluzione di continuità.  
Ruderi del castello di Gurre (da Wikipedia)
La vicenda vede come protagonista il re di Danimarca Waldemar IV, vissuto nel XIV secolo nel castello di Gurre. La leggenda narra che il re abbia amato di nascosto Tove (che significa anche colomba) di un amore focoso e corrisposto, ma osteggiato dalla regina ovviamente gelosa. 
Dopo una sensuale notte di amplessi amorosi (che segna la fine di una delle tre parti in cui è divisa la cantata), una colomba del bosco annuncia che Tove è morta per ordine della regina.
La seconda parte è interamente dedicata al re disperato che accompagna la salma di Tove e alla sconvolgente recriminazione che rivolge a Dio: Signore, dovresti ben arrossire ... ciò vuol dire essere un tiranno, non un dio (il rapporto con Dio è molto interessante e intenso in quest'opera, ma allo stesso tempo disincantato). 
Nella terza parte il re chiama a raccolta i suoi guerrieri vivi e defunti. Qui c'è la particolarità tutta romantica di  precipitarsi in una selvaggia corsa verso non si sa cosa: forse verso la morte. Ma quando la ricerca è finita sorge il sole: finalmente si trova una simbologia di riscatto e di resurrezione. 

Analizziamo brevemente la cantata seguendo il succedersi degli ascolti secondo la numerazione data.
PARTE PRIMA
[1] Inizia con un Preludio orchestrale che prepara l'atmosfera crepuscolare al primo canto di re Waldemar (tenore): Ora il crepuscolo attenua ogni suono ...in silenziosa pace priva di affanni. Il canto è scorrevole, con salti d'intervallo vicini tra loro. Quello di Tove è intriso di luce lunare: “quando fluttuano i raggi della luna  …giubilano le stelle …e portano alla meta il principe eroe / fino a che sul gradino più alto / cade fra le aperte mie braccia //. E’, questo, il tema di Tove (che ritornerà più avanti) in perfetta unione con la natura.
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[2]  Wagner è presente sin dal primo intervento di Tove “Ora ti dico per la prima volta / Re Volmer ti amo! (König Volmer, ich liebe dich!). Sono evidenti, in questo duetto d'amore e di morte (non è un vero duetto; ognuno canta di per sé la propria parte) gli influssi del “Tristano e Isotta"; soprattutto per quanto concerne la parte orchestrale. Canta Waldemar: “Si è fatta mezzanotte / ed esseri infelici / risorgono da tombe  sprofondate e dimenticate”//.
Tove: “Tu mi rivolgi uno sguardo d’amore”/. Re Volmer ti amo! Ora ti bacio per la prima volta”.  Waldemar: “Oh Tove meravigliosa!”
Questo motivo d'amore diverrà il tema principale dell'intera opera: lo stesso tema ed i suoi derivati ne permeeranno le parti principali.
I due protagonisti sono uniti da un'irripetibile apoteosi erotica in cui la morte è sempre presente: "Così breve è la morte ...morendo nell'estasi di un bacio!", dice Tove.
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[3]  Voce della colomba del bosco
Un interludio orchestrale dagli accenti wagneriani, sfocia - in un lungo crescendo della voce di mezzosoprano - alla drammatica Stimme der Waldtaube (Voce della colomba silvestre) che rivela l'assassinio di Tove con una frase musicale di stampo espressionistico: "Il re apre la bara di Tove. Tove è muta! ...Sono volata via lontano, cercando il dolore e la morte!".
Alla parola morte (Tod!), lo struggimento di Schönberg si mostra con un acuto della cantante (12'53'')un fortissimo dell'orchestra, un'angosciante pausa e degli impressionanti colpi di timpano. 
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Personaggi ed interpreti della PRIMA PARTE
TOVE: Eva-Maria Westbroek, soprano
re WALDEMAR: Simon O'Neil, tenore
Voce della colomba del bosco: Karen Cargill, mezzosoprano 
London Symphony Orchestra diretta da Simon Rattle
PARTE SECONDA
[4]  E' composta da un unico brano affidato allo sconsolato e adirato re Waldemar per l'ingiustizia subita con la perdita della dolce Tove. Un breve preludio orchestrale con pizzicati degli archi e cupi accordi, vuol esternare lo stato d'animo del re sconvolto. E' una preparazione allo sfogo di Waldemar contro l'ingiustizia divina, certezza che lo condurrà ad esprimere un'invettiva ("Signore Iddio, sai tu quello che hai fatto / quando è morta la piccola Tove?// ...Dovresti arrossire per questo! ...Sono anch'io un dominatore / ma non tolgo ai miei sudditi l'ultima luce".) e, più esplicitamente, un'accusa contro Dio: "ciò vuol dire essere un tiranno, non un Signore!" 
Un postludio piuttosto agitato conclude la seconda parte, alla quale Schönberg volle conferire notevole rilievo isolandola dalle altre. Il suo essere ebreo voleva dare risalto alla blasfemia o intendeva affermare l'esistenza di Dio perché permette il male?
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PARTE TERZA
[5]  Caccia selvaggia
Waldemar riunisce i suoi sudditi, vivi e morti, per precipitarsi in una cavalcata musicalmente descrittiva: coro maschile e orchestra sono impegnati in un ritmo concitato,  cupo e reso lugubre dalla presenza delle tube wagneriane. Schönberg vuol evidenziare la tragicità della caccia che durerà "ogni notte fino al giorno del giudizio universale".
Particolarmente suggestivo l'intervento del giullare di corte che - pur ironizzando sulla lunga lista dei suoi peccati - non giustifica quelli divini: "Se ci fosse ancora giustizia / dovrei ottenere la grazia del cielo. / Beh! Allora Dio chieda perdono a se stesso". Schönberg caratterizza la partitura con una oculata scelta della vocalità tenorile e dell'orchestrazione fatta di cromatismi e arditezze armoniche.
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[6]  Coro dei guerrieri del re, Interludio, Sprechgesang (voce recitante           in "Caccia del vento d'estate"), Finale: "Guardate il sole!" (coro misto)

Il coro degli uomini di Waldemar sente il richiamo della tomba: ..."Nel riposo gravido di sogni! Oh potessimo dormire in pace!" 
Un cupo interludio, reso angosciante dall'uso delle tube, prepara il melologo (dal greco melos = melodia, logos = parola), chiamato da Schönberg sprechgesang, sull'uso del quale dà precise indicazioni (riferite dall'allievo Egon Wellesz): "L'insieme dell'orchestra viene trattato come un insieme di strumenti solisti in modo che il recitante non venga coperto". E nella partitura Schönberg prescrive anche la mimica assunta dal narratore: "Con sguardo ansiosamente teso, trasformandosi lentamente in amichevole sorpresa, seguendo la musica".
Entrano i cori (trecento elementi) per annunciare il simbolo della resurrezione: "Seht die Sonne = guardate il sole ...e lo splendore luminoso dei suoi raggi!". Dalle molteplici tonalità sin qui liberamente usate (con presupposti atonali), il ciclo di Lieder non poteva che chiudersi nella luminosa tonalità di do maggiore. 
La successione dei brani è strutturata come una grandiosa, impressionante struttura sinfonica fatta di un tripudio di suoni, voci e colori: un indimenticabile affresco musicale.
Da un tale profluvio di note tardoromantiche, nascerà - passando attraverso l'espressionismo - la disincantata dodecafonia.
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Personaggi ed interpreti delle PARTI SECONDA e TERZA
re Waldemar: Jon Vilars, tenore
Giullare Klaus: Philip Langridge, tenore
Narratore: Ernst Haefliger 
BBC Symphony Chorus Geoffrey Mitchell Choir
Philharmonia Chorus
BBC Symphony Orchestra diretta da Donald Runnicles